Rifugio Zum Gora – Nell’Antico Villaggio Walser

Salecchio è un paesino soleggiato che si trova su un altopiano montano, a strapiombo sulla valle Antigorio. E’ circondato da folti boschi di conifere e verdi pascoli.
Si divide in due frazioni: Salecchio Inferiore (1320 m.s.l.m.), che si divide a sua volta in due grandi gruppi di case (il primo ai piedi della parrocchia dedicata all’Assunta con cimitero attiguo; il secondo è la sede di una piccola scuola); Salecchio Superiore (1510 m.s.l.m.), che si stringe attorno all’oratorio di S.Giuseppe. Altri due piccoli insediamenti erano quelli di Morando (qualche casa e qualche stalla) e Case Francoli (sul sentiero per Vova).

Sul pendio sopra a Salecchio ci sono molte stalle e fienili, dove il bestiame trascorreva l’estate e l’autunno. Basti pensare che nel villaggio ci sono 50 stalle e 25 case: un rapporto di due a uno, perché le prime servivano come tappe per raggiungere il punto di raccolta in inverno. D’estate, al di sopra del bosco, le bestie potevano pascolare nei prati dell’Alpe Campo (il più grande alpeggio di Salecchio, che aveva una capacità di 60-70 bovini in un arco di 60 giorni) e dell’Alpe Casarola. La vita economica di Salecchio, basata sull’autosufficienza assoluta, non aveva altre risorse oltre alla pastorizia, al pari con Agaro. Il paese non era una via di transito (come Formazza), né possedeva miniere (come Macugnaga): l’unica fonte di ricchezza era l’allevamento del bestiame. La sua economia era un modello “sbilanciato”, perché le coltivazioni si riducevano allo sfalcio e a tre tipi di colture: patata, segale e canapa, ma così facendo si toglieva qualche pezzo di terra al pascolo. La normale fienagione, inoltre, non era sufficiente, per cui si doveva raccogliere fieno selvatico: il Nech e l’erba di rupe che crescevano sulle pareti rocciose; poi il fieno si accumulava nei Mèe (punti di raccolta di fieno). Per raccogliere il foraggio ci si recava fin sotto il Pizzo Martello, ma bisognava affrontare fatiche e pericoli; dopodiché si trasportavano i fasci nel fienile. Tale lavoro veniva eseguito da tutta la comunità.

fienagione

Antico Popolo

Un movimento migratorio indusse i pastori Walser a entrare nella val Formazza e a rifugiarsi a Salecchio, dove fondarono due colonie sotto la giurisdizione dei valvassori De Rodis. I Pontemaglio stimolarono l’insediamento dei Walser proprio in queste terre di Salecchio: in un primo tempo il villaggio fu retto da un vicario (una specie di giudice con competenze in diritto civile e penale), non sgradito ai feudatari. A cominciare dal XVII secolo, con l’arrivo dell’età glaciale, la vita divenne più dura per tutti, soprattutto ad alta quota, visto l’avanzare dei ghiacciai, c’era sempre meno terra da coltivare o da adibire a pascolo; ciò indusse i Salecchiesi ad emigrare. Le mete erano soprattutto Roma, Bologna e Ferrara. A Roma crearono anche un’associazione, i “Compagni di S. Antonio” e inviarono molto denaro per la chiesa della comunità. Più tardi, migrarono anche in America con un viaggio senza ritorno (nel 1850 se ne andò il 25 % della popolazione). Così il numero degli abitanti scese sempre più. Nel 1600 gli abitanti erano circa 90; nel 1700 raggiunsero i 125; nel 1800 e nel 1900 scesero a 20, per poi abbandonare definitivamente il villaggio nel 1966.

Il loro isolamento ha fatto sì che abbiano mantenuto conoscenze arcaiche, scomparse altrove. Anche il trascorrere del tempo non era misurato in maniera tradizionale, ma si basava sul tramonto del sole e questo fino alla prima guerra mondiale. La sera, quando il sagrestano suonava l’Ave Maria, gli abitanti di Salecchio regolavano l’orologio sulle 12; da questo momento avevano inizio le 12 ore della notte. Ovviamente all’avanzare dell’anno erano necessari continui spostamenti. Mantennero sempre buoni rapporti con i Vallesani; per comprare oggetti, si attraversava il passo d’Arbola. Andavano nel Vallese, esercitando il contrabbando, anche quando lo Stato sardo aveva chiuso la frontiera. In seguito, quando ci fu il passaggio da un’economia autarchica ad un’economia di consumo, Salecchio e il Vallese furono obbligati a  frequentare la valle Antigorio. Dovettero mantenere questi rapporti soprattutto dopo la seconda guerra mondiale. D’altronde, già da tempo, erano state istituite scuole pubbliche per insegnare a tutti l’italiano, che loro non comprendevano. Oggi, alcuni abitanti del luogo restano a conoscenza del loro vecchio idioma, ma quelli che lo parlano e comprendono sono sempre meno. Altri, invece, non conoscono più la lingua dei loro padri; anzi, si sono fusi completamente con la cultura e la mentalità italiana. Il rischio che il dialetto dei walser di Salecchio scompaia per sempre è quanto mai reale e imminente.

"I Walser del Silenzio"

Presso il nostro rifugio è in vendita il libro “I Walser del silenzio” .